i primi dieci secondi del Public Speaking

Veramente c’è qualcosa da dire sui primi dieci secondi del Public Speaking? Non è che sto tentando di spaccare il capello in quattro? Credo proprio di No! a mio parere nei primissimi secondi dell’intervento, anzi a dire la verità, da qualche secondo prima di iniziare a parlare ai 10 secondi che seguono l’inizio, succedono tante cose che determinano se saremo seguiti o meno. E con i tempi sempre più ristretti, dai 3 ai 6 minuti, dei nuovi format di public speaking (Leggi) è sempre più critico che sia “buona la prima”.

Anche se a noi pare che le cose importanti avvengano dopo che abbiamo aperto bocca in realtà, se è vero che non si può non comunicare, allora la comunicazione che stabiliamo con il pubblico comincia da quando diventiamo visibili e, a meno che non compariamo da dietro le quinte, il modo in cui ci avviciniamo al palco sarà la primissima e fondamentale comunicazione.

Arriviamo per presentare la novità che cambierà in meglio la nostra azienda con quel bel passo tipico del condannato a morte, faccia angosciata, piegati in due, trascinando e guardando i i piedi  con attenzione quasi che non potessero muoversi senza supervisione? Oppure arriviamo, ad annunciare lacrime e sangue, saltellando allegri e pimpanti come ad un ballo in maschera? Già a questo punto abbiamo mandato un messaggio, forte e chiaro. Entrare nel dettaglio del non verbale  ci porterebbe lontano, quindi passiamo al discorso: siamo finalmente arrivati al palco e che si fa? Nella pratica ho osservato tre tipici approcci e li ho chiamati:

Il Regista, il Maestro dell’ovvio e il Tragicomico: come non cominciare.

Il Regista arrivato al palco inizia i controlli tecnici: “L’amplificatore è acceso?”, “Mi sentite bene?”, “Si vedono le slide? credo di non dover descrivere ulteriormente, l’abbiamo conosciuto tutti e non è neanche necessario sottolineare che come richiesta d’attenzione è pessima. Se dovete controllare di persona fatelo prima e se non è possibile fatelo fare a qualcun’altro, le occasioni pubbliche non sono tante, spesso sono importanti, perché sprecarle?

Il Maestro dell’Ovvio invece, va al palco senza scaldarsi troppo, all’ingresso c’è un annuncio scritto su un poster un metro per un metro: “Il Dott. Rossi oggi presenta il nuovo modello Giallo”, il messaggio è ripetuto nell’agenda che hanno ricevuto tutti, dietro di lui o lei la Slide ripete il messaggio, e cosa fa il nostro? con un bel tono piatto annuncia: “Sono il Dott. Rossi e oggi presento il nuovo modello Giallo”, un’annuncio veramente clamoroso sopratutto inatteso! La comunicazione che arriva al pubblico è chiarissima: “Guarda pure le tue email tanto da qui non arriva niente che tu non sappia già“.

Provo per il Tragicomico sincera tenerezza, è semplicemente un individuo che, vuoi per mancata esperienza, vuoi per carattere, come vede il palco, con puro riflesso pabloviano, avverte una serie di reazioni fisiche affascinanti: bocca secca, fame d’aria, pancia in subbuglio, tremori vari e ancora non ha parlato ma già lo sa, la sua voce sarà stridula e rotta. E fin qui è natura, ci si può lavorare con un po’ di impegno, di metodo e senza grande fatica, ma è natura. Quello che caratterizza il personaggio è che, pur stando malissimo, ci prova. Nei primi secondi dirà qualcosa come: “Oggi per me è una giornata speciale, sono felicissima/o di annunciare il nostro nuovo, incredibile e meraviglioso modello Giallo… ” , chi ci dovrebbe credere?

Tanto per essere onesti la prima volta che ho parlato ad una convention credo di essere riuscito ad interpretare tutti e tre i ruoli in rapida successione, per fortuna in oltre trent’anni il ricordo è un po’ sbiadito :-).

Passiamo alle alternative che funzionano e partiamo dalla classica, molto collaudata e sicura tecnica di:

Cominciare con una domanda

anche retorica. Certo questo modo di iniziare l’ha messo a punto Cicerone quindi è un po’ datato. La mente umana però è rimasta la stessa . Una domanda chiede attività al pubblico e l’attività sveglia e richiama l’attenzione. Invece di dirti che il modello Giallo è una bellezza uno potrebbe dire: “Secondo voi cosa dovremmo fare per aumentare la nostra presenza sul mercato? Secondo voi è possibile lanciare un prodotto di fascia x durante la peggiore crisi economica della storia recente? Siamo stati forse dei pazzi sconsiderati a chiedervi uno sforzo enorme, di cui vi ringrazio, necessario a realizzare il modello Giallo?” se poi si ha l’accortezza di scegliere quelle domande che effettivamente si fanno i nostri spettatori, il gioco è fatto. Dimostriamo di conoscere il pensiero del nostro pubblico, di non temerlo e di essere pronti a dare delle risposte, l’attenzione è assicurata. Passiamo però ad una seconda tecnica, un po’ più moderna

L’affermazione clamorosa

Tim Cook, il successore di Steve Jobs sembra che sia un ottimo CEO ma per il Public Speaking gli è stato lanciato un guanto di sfida impossibile. Cook è evidentemente un introverso abbastanza estremo, qualche consulente di immagine sadico deve avergli consigliato di vestirsi con Jobs, tanto per peggiorare le cose. Credo che sia un po’ come pretendere da Maro Monti di sostituire Benigni assumendone lo stile!

Sia come sia il signore ci prova e deve avere uno staff di consulenti di tutto rispetto. Mi sono guardato l’ultima presentazione che ha tenuto al WWDC, dove ha aperto da Maestro dell’Ovvio (le inquadrature riprendono infatti un po’ di spettatori che guardano il telefonino!) ma dopo pochi secondi si riscatta e dice “Il nostro più giovane sviluppatore ha tredici anni!”  , non è una informazione che possa lasciare indifferenti e pretende attenzione soprattutto se viene ben ricollegata bene al resto del discorso (come in questo caso). La tecnica è tutta qui, si tratta di trovare una informazione assolutamente vera e sconosciuta al pubblico e poi di ricollegarla al tema. Si può spaziare dalla tecnologia, alla fisica fino ad avvenimenti interni ad un’organizzazione su cui i partecipanti probabilmente non hanno informazioni come il numero di lingue parlate dai dipendenti, le performance più estreme, ..

Passiamo adesso all’apertura più potente, forse antica ma non usata in ambito lavorativo per tanto, tanto tempo:

C’era una volta…

Eh sì, quando sei un bambino e sai che ti stanno per raccontare una favola smetti qualunque altra cosa e ascolti. Agli adulti bisogna un po’ mascherare la cosa e il “c’era una volta” deve diventare mimetico ma nella sostanza resta lo stesso: ti annuncio che sto per raccontarti una storia.

Se la persona che prende la parola, che avrà avuto l’accortezza di fare in anticipo le verifiche tecniche e se deve essere presentato lo fa fare a qualcun’altro, comincia ad esempio dicendo: “Alcuni anni fa stavo seduto in una platea, come voi adesso, e mi aspettavo di annoiarmi. Prese la parola un anziano manager e disse una cosa che da quel momento in poi ha influenzato il mio modo di lavorare (pausa) …” .

E’ difficile non voler sapere come finisce la storia, l’attenzione è assicurata, adesso è il momento di sfruttarla.

Bene per trattare i dieci secondi può bastare, nel prossimo post vedremo la struttura dell’incipit, non pensate di aver finito in dieci secondi?

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Articolo originale pubblicato al prima volta su www.formatorionline.com

 

 

 

 

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