public speaking numeri

Public speaking e numeri

Public speaking e i numeri

Tecnici, scienziati, esperti di diverse discipline inglobano spesso dei numeri nelle presentazioni. Il tema del public speaking e i numeri lo abbiamo già trattato. Ad esempio come prentare i grafici e rendere i numeri interessanti: Ci sono però degli effetti collaterali creati dall’uso improprio dei numeri che prendono le mosse dai social e invadono il campo tecnico scientifico.

I dati statistici e le misure dovrebbero servire a dare una dimensione oggettiva di un fenomeno. Questo non esaurisce un argomento, ma limita la discussione all’interno di un perimetro ben delineato. Si può e bisogna discutere di come interpretrare un fenomeno, cosa se ne pensa, se la cosa necessita di un’azione e quale. Le discussioni, però, non dovrebbero mai degenerare al punto che le dimensioni di un fenomeno siano l’oggetto della discussione. Il fatto poi che succeda di frequente è, a mio parere, attribuibile a:

  • mancanza di dati credibili
  • incompetenza
  • o  malafede.

Quindi basta dare una credibile dimensione numerica e siamo a posto? Magari!

Purtroppo il dato clamoroso, inatteso e sopratutto spaventoso, attira l’attenzione. Se attira l’attenzione aumentono i click, i like e ,in definitiva, il valore economico della comunicazione o la visibilità del comunicatore.

Il fenomeno è molto evidente in campo meterologico. Non ci sono più “temperature sopra la media” o “fenomeni temporaleschi intensi” . Caso mai “Allarme meteo: caldo infernale in arrivo“, “Bombe e missili d’acqua, attesi danni incalcolabili” . Il fenomeno è andato talmente oltre da far dichiarare al  Colonnello dell’Aeronautica Militare Silvio Cau: “Bisogna affidarsi a dati e calcoli precisi, basta con le esagerazioni e le previsioni basate sul nulla”.

Ovviamente la cosa peggiora ulteriormente con l’abituale semplificazione televisiva dei contenuti.

Non bisogna pensare che il campo scientifico sia rimasto lontano da questi rischi.

New Scientist si schiera

È uscito ultimanete un articolo su New Scientist, ripreso da l’internazionale, e parla di un fenomeno molto diffuso sia nella letteratura scientifica, dove può fare un danno relativo, che nellla divulgazione giornalistica, dove invece il danno può essere notevole.

Si cita ad esempio la notizia di uno studio che dimostra che i figli degli un ultracinquantenni (45 -54), hanno un rischio del 18%  superiore di avere le convulsioni rispetto a chi ha un padre tra i 25 e i 34 anni.  A leggerla così, si tratta di una notizia inquietante, in grado di togliere il sonno a tante persone, e sono sempre di più, che hanno avuto o stanno per avere un figlio in età avanzata. L’effetto cercato da chi riporta la notizia in questo modo è proprio quello di ingenerare paura. Al solito la paura aumenta l’attenzione, l’attenzione l’engagment, l’engagement i lettori o l’efficacia dell’intervento sugli ascoltatori.

Sì ma il panico è giustificato?

Rischio assoluto e rischio relativo

Non direi. quello riportato sopra è il così detto rischio relativo ovvero quanto rischi di più un gruppo (gli ultraconquantenni) verso un altro gruppo (i giovani) ma nulla dice del rischio in se. Ovvero quanto rischia il nostro padre ultraconquantenne?   Per saperlo dobbiamo guardare il rischio assoluto, in questo caso il rischio dei “giovani” è di 24 su 100.000, quello di un ultracinquantenne, il 18% di più e cioè 28 su 100.000.

Le riviste scientifiche più serie (tra cui New Scientist) si sono date come regolamento di riportare anche il rischio assoluto, ma spesso sgarrano anche loro. Qualche click in più fa comodo a tutti.

Se qualcuno pensa che la cosa non lo riguardi gli propongo una notizia, la cancerogenicità della carne, che è stata rilanciata con forza sui giornali e siti italiani (qui un esempio Carne e cancro finalmente la verità). In generale la notizia riportata è che “un consumo di carne rossa o lavorata pari a 50 g /die si ha un aumento del rischio di tumore all’intestino del 18%“.

Pur essendo un consumatore meno che occasionale di carne trovo la notizia allarmante. Se poi però si va a vedere il rischio assoluto di tumore all’intestino è del 5,6% quindi il nostro indefesso consumatore quotidiano di carne ha un aumento del rischio (assoluto) di:

5,6%  moltiplicato per 0,18 ossia 1,008% di richio in più.

Ok è qualcosa, ma certo nulla che debba terrorizzare rispetto ai consumi di una vita.

Che fare?

Penso che chi parla in pubblico ricorra a questi espedienti o perchè non ci pensa, in fondo molto del ragionamento tecnico o scientifico si basa sul rischio relativo, oppure, più spesso usa questo espediente per attirare l’attenzione.

In sintesi secondo me public spaking e numeri devono andare a braccetto nella comunicazione tecnico scientifica, ma non è il caso di suscitare sentimenti forti attraverso l’uso scorretto dei dati per attirare l’attenzione. Ci sono ben altri strumenti e una tradizione lunga almeno 2500 anni su come tenere attento il pubblcio, non c’è bisogno di stimolare gli istinti più pericolosi: terrore per la propria salute, ingordigia di facili e immensi guadagni,  onnipotenza (se lo sogni puoi!).

Se non hai ancora approfondito l’argomento dai un’occhiata a questo sito, troverai articoli, libri e strumenti in grado di fornire una valida alternativa a questi mezzucci.

 

 

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