La paura può bloccarti? Le neuroscienze rispondono

Perché la paura può bloccarti quando vuoi parlare al pubblico? Perché a volte “cadi” nelle occasioni più importanti? Cosa trasforma la paura in un mostro in grado di imbavagliarti?

Nei corsi lavoro sulla paura del pubblico in termini positivi, cioè come fare a conviverci, poi a deviarla e alla fine sfruttarla, fino a doverla “cercare” per poter avere l’energia necessaria a parlare al grande pubblico. Trovo che sia un approccio corretto e ha aiutato molti dei miei partecipanti. In ogni caso è inevitabile chiedersi come sia possibile che la paura ti blocchi sul più bello.

La paura può bloccarti e mandarti nel pallone?

Ha provato a rispondere a questa domanda Sian Leah Beilock, scienziata cognitiva con molti libri e decine di pubblicazioni all’attivo, tutte o quasi incentrate sulla performance sotto pressione. Ultimamente ha pubblicato un libro intitolato “Choke” (traducibile con ” andare nel pallone”) dove riassume i suoi studi sull’argomento. Provo a sintetizzare drasticamente. Il primo ostacolo creato dalla paura lo chiama :

Paralisys by analysis

è un fenomeno che credo sia successo a tutti. Continui a pensare a quello che dovrai fare, cerchi di immaginare tutto quello che dirai, come, in che posizione, dove ti collocherai sul palco, cosa diranno di te i partecipanti… anche quando questo esercizio non è ansiogeno (il che capita molto raramente 🙂 è comunque bloccante, il motivo non è così intuitivo.

Facciamo un passo indietro, più precisamente alla R (ricordo) del metodo ARPA. Raramente se ne parla, ma esistono due tipi principali di memoria che funzionano in un modo molto diverso, anche a livello neurologico: la memoria dichiarativa e quella procedurale.

La memoria dichiarativa è quella di cui generalmente si parla quando si tratta il tema della memoria. Riguarda tutto quello che può essere espresso in parole: da come si chiamava tua nonna, a come eseguire calcoli matematici. Come formatori o come persone che scrivono e tengono discorsi, ne dobbiamo tener conto. L’apprendimento e la memoria dichiarativa scorrono su binari noti: spiegazioni chiare, richiami a cose già note, associazione con vari “ancoraggi”,  ripetizione ecc. La seconda, quella procedurale, è raramente citata, funziona in modo diverso dalla prima ed è legata a quello che si fa: andare in bicicletta, nuotare, guidare, muoversi in pubblico, correre, ecc.

La memoria procedurale

Non ha bisogno di molte spiegazioni per attivarsi, ma di una pratica sufficientemente ripetuta, della possibilità di fare errori (sperimentare).della possibilità di osservare altri che svolgono l’azione in oggetto. Il capitolo sarebbe ampio e abbraccia la grande differenza di metodo, tempi e logiche che dovrebbero separare la formazione dall’addestramento. La differenza fondamentale è che la memoria procedurale non “evapora” facilmente, anche se non hai nuotato negli ultimi dieci anni è probabile che tu lo sappia fare ancora. Ha però un punto debole, subisce fortemente l’interferenza della memoria dichiarativa.

È questo il motivo per cui se pensi troppo nei dettagli al tuo discorso la paura può bloccarti e rischi di compromettere la tua performance. Va benissimo concentrasi sul testo, impararlo bene, avere presente le parti che potresti tagliare sei sei lungo o quelle da aggiungere sei sei corto, non va per niente bene concentrarsi troppo su come userai la voce, ti muoverai sul palco, come respirerai. Tutte queste cose hanno bisogno sì di allenamento, ma non di pensarci durante l’azione. Il fenomeno è stato ben sintetizzato da Yogi Berra, un famosissimo giocatore di baseball degli anni 50, che si chiedeva: How can you think and hit at the same time?   (Come puoi battere e pensare allo stesso tempo?). 

 L’importanza delle prove

La Beilock ci porta anche qualche soluzione, niente di inatteso ma, per una volta, misurato in setting sperimentali e  dimostrato. In pratica per avere una buona performance in condizioni di grande stress (ad esempio davanti a un pubblico enorme) basta allenarsi ripetutamente in condizioni di piccolo o medio stress. E questo spiega l’efficacia dei corsi ben fatti: quelli dove non ti  limiti ad ascoltare ma dove puoi osservare, provare, essere osservata/o e ricevere un feedback.

Gli stereotipi limitanti

Solo un accenno a un tema vastissimo. Uno dei motivi per cui puoi andare nel pallone è la presenza di uno stereotipo molto forte e limitante. Negli USA ad esempio si è osservato che dopo l’elezione di Obama, il punteggio medio dei neri nei test scolastici era salito. Il fenomeno ha preso il nome di Obama effect ed è comunque possibile osservare l’effetto degli stereotipi o del loro superamento, legato a genere, età, nazionalità, ecc, in molte situazioni scolastiche, sportive o aziendali.

Trovo gli spunti delle neuroscienze interessantissimi, ho solo il dubbio che tutta questa attenzione alla fisiologia del cervello distolga l’attenzioni da cosa più banali ma non meno bloccanti: bocca secca, farfalle nello stomaco, mani sudate ecc. A livello scientifico non sono certo argomenti sexy ma per chi è lì sul palco…

Vorrei ricordarti che esistono due libri che insieme danno un quadro completo di come affrontare la paura del pubblico, : Davanti a tutti, manuale di Public Speaking, per chi voglia approfondire questo tema in tutti i suoi aspetti e Persuadere parlando in pubblico per chi volesse sviscerare il tema della persuasione.  Se poi la data del tuo speech fosse già fissata e volessi un aiuto subito, scrivimi, troveremo la soluzione più adatta. #davantiatutti #publicspeaking #parlareinpubblico

In questo filmato di TED medical una sintesi delle ricerca di Sian Leah Beilock

 

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